Una scuola molto storica e poco attuale
Inutile ripetere quanto il ruolo della storia sia stato importante sin dai tempi più antichi, basti pensare che i romani la chiamavano “magistra”, ovvero maestra, colei che insegna. E così, nel corso dei secoli, questa disciplina si è occupata di descrivere e analizzare i fatti del passato, con l’ulteriore scopo di spiegare le ragioni che hanno portato alla configurazione della società attuale. Non è un caso che un proverbio molto noto reciti “la storia ripete sempre sé stessa”, essendo di fondamentale importanza riflettere sugli avvenimenti già trascorsi per prevedere, cambiare, e in alcuni casi evitare, quelli futuri.
Tuttavia, pare che nella scuola italiana ci si soffermi abbastanza sulle vicende del passato (come dimostrato dai dati ufficiali pubblicati sul MIUR, secondo i quali in quasi tutti gli indirizzi di scuola superiore di secondo grado sono previste per lo meno 66 ore di storia all’anno) ma si tratti ben poco di attualità riguardante il periodo storico, economico e politico in cui gli studenti effettivamente vivono. Ma senza conoscere la situazione della comunità odierna come può allora la storia soddisfare tutte le sue finalità e contribuire attivamente a migliorare la condizione futura?
Mai come al giorno d’oggi i ragazzi hanno avuto accesso più facile e veloce alle informazioni, ciò nonostante aumentano gli appelli dei professori italiani per una scuola innovativa, che smetta di sfornare neodiplomati sempre più ignoranti in diversi settori disciplinari, compresi quelli strettamente inerenti a tematiche di attualità come lo è, appunto, la storia. Certo è che questa condizione può variare in base all’ambiente di partenza di ogni studente, a seconda del fatto che viva in una famiglia più o meno capace di sviluppare un dialogo costruttivo sulle tematiche attuali. Ma questo compito viene spesso trascurato da genitori sempre più impegnati e per questa ragione dovrebbe divenire uno degli obiettivi fondamentali su cui fondare la scuola moderna.
Altro fattore che causa lacune in questioni di attualità è la presenza di un programma di storia fin troppo esteso, che costringe gli insegnanti a procedere in fretta, talvolta enumerando solamente gli avvenimenti più salienti in maniera sconnessa e superficiale. “Bisognerebbe modificare il sistema della scuola dell’obbligo – spiega Paola Bigatti, professoressa con quindici anni di carriera alle spalle – i manuali di storia si perdono nel dettaglio, mentre ciò che serve ai ragazzi è avere un quadro generale del fenomeno ed evitare che essi imparino solo date a memoria”.
La mancanza di tempo e il sovraccarico di informazioni da impartire vanno a discapito degli ultimi argomenti trattati durante il corso di studi, che nel quinto e ultimo anno di scuola superiore dovrebbe riguardare gli avvenimenti del Novecento.
E’ assurdo, dunque, come proprio la storia pertinente alle questioni più vicine alla generazione contemporanea sia in realtà quella più trascurata. Ha davvero senso studiare a memoria le innumerevoli lotte dinastiche del XVI e XVII secolo e conseguire la maturità senza conoscere gli avvenimenti del secondo dopoguerra? E ancora, come ci si può servire della storia in maniera positiva al fine di non ripetere gli sbagli del passato quando nella società moderna non si conoscono le dinamiche che governano quest’ultima?
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di rinnovare il programma di studio di storia, in maniera da dedicare il giusto tempo alle tematiche più moderne, inserendo almeno un’ora settimanale dedicata alla discussione dei fatti di cronaca contemporanea. Questo nuovo metodo favorirebbe collegamenti concreti tra lo studio del passato e l’analisi del presente, anche grazie alla lettura di quotidiani e l’utilizzo di piattaforme digitali. Piccoli traguardi per promuovere l’informazione nelle scuole sono già stati raggiunti, come la possibilità offerta da alcuni periodici che, previo abbonamento, consegnano il giornale direttamente in classe ogni mattina. Andando oltre il semplice apprendimento d’infinite date e nozioni mnemoniche, la scuola potrebbe dunque contribuire a un fine ben più importante: l’invito alla riflessione e lo sviluppo del pensiero critico concernente l’attualità. Infatti, se le nuove generazioni sono le uniche risorse per il futuro è allora arrivato il momento che esse abbiano un ruolo attivo e adatto a comprendere l’aspetto della società, superandone le contraddizioni e fornendo eventuali soluzioni.
Miriam Andreoli