Due descrizioni autunnali

Aria di ottobre

Arriva l’autunno. Lo si avverte già nelle strade della città al mattino, lo si respira, lo si sente sugli occhi, nei capelli, nel petto. L’aria ha un sapore umido e fresco.
Le case della gente che torna dalla villeggiatura si riaprono sulle terrazze ancora impolverate dalla trascorsa estate cittadina. Il fiume passa giallo e colmo di acqua fresca. I negozi, all’ora del tramonto, splendono di lampade vivide.
Le lampade del principio dell’autunno mandano una luce netta, elettrizzante, che sembra spronare dolcemente la vita rendendola intensa e piacevole.
L’autunno si sente in tutte le cose, trasuda dall’asfalto cittadino, dai cornicioni dei vecchi palazzi, dalle sedie dei caffè ancora allineate sui marciapiedi, perfino dalla carta morbida dei giornali appena usciti frechi freschi, nelle edicole.
Le case sono tutte aperte al mattino a quest’aria leggera e dolce che sorvola piazze e giardini ed entra liberamente dalle finestre spalancate.
L’autunno è fresco e un poco stanco e mette dei contorni netti a tutte le cose. Gli interni dei caffè si riempiono di un odore di pasticceria fitto e gustoso, e di fumo di sigaro; la gente vi si muove dentro con alacrità.
L’odore di certe giornate di ottobre sa di terra smossa, di fresche ghirlande, di giorno dei morti, di dolci inzuccherati e pesanti avvolti nel cellofan luccicante.
L’autunno marcisce deliziosamente in questi odori.

Ercole Patti, Quartieri alti – Mondadori

Il lamento degli alberi

L’autunno cominciò precocemente, quell’anno: un settembre piovoso e freddo seguiva all’agosto torbido di uragani. La vegetazione risentiva già la vecchiaia, ma nelle ore di sereno, pareva si ribellasse e che tutto fosse finito; e si coloriva d’oro e di rosso.
Cade una foglia che pare tinta di sole, che nel cadere ha l’iridescenza d’una farfalla: ma appena giunta a terra, si confonde con l’ombra, già morta.
È bastato il fruscìo per scuotere tutto l’albero, che comincia a lamentarsi. D’albero in albero, il lamento si estende. Giù tutte le foglie! E con le foglie cade anche qualche frutto: la pigna si spacca e i pignuoli le si staccano e cadono come i denti dalla bocca del vecchio.
I rami più alti, con ancora le foglie verdi, si sbattono in una lotta leggera; alcuni dicono di sì, altri di no: e i primi si sbattono contro i secondi, per pogliarsi più presto, flagellandoli con crudeltà, poi tutto di nuovo si placa, in una stanchezza dolce, rassegnata.
Ma quando il velo del crepuscolo ricopre ogni cosa, il lamento ricomincia, e dà l’impressione che davvero la natura sia malata e non possa sopportare oltre in silenzio il suo dolore.

Grazia Deledda, Romanzi e novelle – Mondadori

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